Giovanni Bocci un padre disperato lancia l’appello: aiutatemi a ritrovare mio figlio Adelio di 8 anni

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Quando siamo di fronte ai bambini cresce in noi, almeno nelle persone normali, quel senso di protezione ancestrale, tramandato sin dalla notte dei tempi. Un genitore è disposto a fare di tutto per i figli è giusto che sia così, ma a volte il destino è proprio infame.

Questa è la storia di un amore nato sulla vita della seta a Taraz, una delle più antiche città del Kazakhstan,  tra un brindisino e una kazaka. Lui, Giovanni, tecnico specializzato quale operatore sulle piattaforme petrolifere, lei, Aigul, interprete nella sua Taraz, per favorire gli incontri commerciali in favore degli imprenditori che vorrebbero avviare attività commerciali nella nuova terra.

Da questo amore nasce Adelio Giovanni, un vispo bambino, che rafforza la coppia tanto che a pochi mesi dalla sua nascita la famiglia si trasferisce a Brindisi per una nuova vita. Il Kazakhstan è una giovane repubblica nata dopo la caduta del muro di Berlino e lo sfaldamento del blocco sovietico. Hai suoi problemi e benché abbia avviato un profondo processo di rinnovazione le difficoltà sono tante; da qui la scelta di tornare in Italia per una vita migliore.

Ma la luna di miele finisce solo dopo due anni di convivenza, all’improvviso la sig.ra Aigul prende il suo bimbo e se ne torna in Kazakhstan senza dire nulla la marito.

Ecco i fatti e date, un semplice caso trasformato in un incubo senza fine.

Giovanni e Aigul si sposano all’inizio del 2013 in Kazakhstan, il 15.09.2013 nasce  a Taraz,  Adelio Givanni, nel 2014 la famiglia si trasferisce a Brindisi. Ad Adelio Giovanni viene riconosciuta la nazionalità italiana tanto che il Ministero degli Interni rilascia il passaporto n. YA6850766 in data 23.04.2015 –  cittadino italiano a tutti gli effetti.

Nell’ottobre del 2015 il bambino veniva sottratto dalla madre, Aigul Bolatovna Abraliyeva nata a Taraz il 10.07.1982, dall’abituale residenza in Brindisi e trasferito senza alcuna autorizzazione del padre. Un pugno nello stomaco un dolore lancinante per Giovanni che di colpo si trova da solo. Si affanna nelle ricerche e non capisce perché Aigul sia andata via col figlio senza nessuna spiegazione apparente, anzi una spiegazione c’è, è scritto in poche righe, in una lettera di addio lasciata dalla moglie in cui si scusa del dolore che sta provocando al marito. Avete presente la storia del coccodrillo che mangia i propri cuccioli e poi si dispera, beh siamo li, molto vicini.

Al povero Giovanni, padre, non resta che denunciare tutto alle autorità. Un lungo ed infinito calvario in cui si infilano, burocrazia, sopraffazione, lentezza della giustizia, canaglie di ogni genere che s’approfittano del dolore di Giovanni, soldi, tanti soldi (più di 140.000 euro). Giovanni è disposto a tutto, dunque diventa una facile preda perché perde il senso del limite. L’organo amministrativo/giudiziario ha deciso che il padre Giovanni potrà esercitare il suo diritto di visita soltanto in Kazakhstan, alla presenza della madre, ipotesi resa vana considerato che l’ex coniuge non consente al padre di vedere il bambino.

Nel contempo il Tribunale di Brindisi, con sentenza n. 368/2017, ha condannato la sig.ra sig.ra Abraliyeva Aigul alla pena di 2 anni di reclusione (senza condizionale) e alla sospensione della responsabilità genitoriale per il delitto di cui all’art. 574 bis c.p. con condotta perdurante dal 29.10.2015. Tale sentenza è irrevocabile dal 2.03.2017 e resa esecutiva.

Nel frattempo che l’Italia ,come un pachiderma, muoveva i primi passi giudiziari circa la posizione della Aigul , arriva la richiesta di divorzio iniziata dalla ex moglie che non contenta di aver sequestrato e rapito il figlio riesce ad ottenere l’affidamento del proprio figlio nello stato del Kazakhstan, nonostante nel frattempo la Aigul era stata condannata dal Tribunale di Brindisi a due anni di reclusione. Ovviamente gli atti della sentenza furono debitamente consegnati al Tribunale di Taraz, ma chissà perché chissà per come il giudice non ne ha tenuto conto.

Giovanni si morde le labbra dalla rabbia e dall’ingiustizia che sta subendo tuttavia si accontenta di vedere il figlio rispettando la sentenza kazaka. In totale in sei anni Giovanni vede fisicamente il figlio solo 5 volte e qualche volta online tramite whatsapp. Di fatto però Giovanni veri e propri contatti con suo figlio non li ha! Purtroppo nelle ultime chiamate ha potuto riscontrare che il piccolo non gode della dovuta assistenza e del dovuto sostegno.

Arriviamo nel mese di gennaio del 2018. Il Ministero della Giustizia Italiano a seguito della condanna inflitta all’ex moglie e vista la gravità del reato,  ha disposto un mandato di cattura internazionale nei confronti della sig.ra Abraliyeva Aigul, e sempre su disposizione del Ministero dell’Interno, l’Interpol ha emesso quella che viene definita una “red notice” ossia segnalazione rossa con richiesta di rintracciare la  donna Istanza di aggiornamento di ordine di esecuzione per la carcerazione ed estradizione della Ahraliyeva Aigul e per rientro del minore italiano, è stata predisposta dai legali della famiglia del bimbo, con riscontro formale avvenuto, da parte della Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Lecce, il 19 luglio 2018

Intanto il 13 dicembre 2017, presso il Dipartimento di Tutela dei minori di Taraz, si è tenuta la seduta dedicata al caso del piccolo Adelio, incentrata sul diritto di visita ai sensi della Convenzione dell’Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori. In quella circostanza si chiedeva al Dipartimento di riconoscere la possibilità del padre di stare con il figlio e di portarlo con sé in Italia per limitati periodi tempo.

Allo stato attuale i fatti sono ancora appesi grazie ad una giustizia senza giustizia: ci sono due posizioni che ingarbugliano la questione, sembra di stare sulla scena di un film kafkiano: 

  una sentenza di condanna passata in giudicato, una richiesta di arresto internazionale, una richiesta di estradizione e un allert “red notice” che dovrebbero bastare all’Interpol ad arrestare la Aigul e, di più, la sospensione della genitorialità in danno della madre (che vogliamo di più!);

      dall’altra parte un divorzio concesso dalla stato del Kazakhstan inerente un bimbo con cittadinanza italiana in favore della pregiudicata Aigul e, per finire in bellezza, un processo per i diritti dell’infanzia  patrocinato da Giovanni e pendente presso il Tribunale dei Minori a Taraz nel cui fascicolo sono presenti i mandati di cattura, una pena da espiare e una estradizione già concessa emessi dallo Stato italiano.

Ora mi sorge un a domanda: ma la Farnesina, l’ambasciatore italiano in Kazakhstan non le hanno visto le carte? Non conosco il diritto internazionale? Non sono in grado di attivare l’Interpol visto che la madre si presenta in tribunale bella agghindata?

In tutto questo turbinio di fatti, contraddizioni, pretese, omissioni, sequestri, denuncie, condanne, non sono mancati gli avvoltoi, capaci di spillare quattrini ad un genitore scosso e inerme verso la burocrazia. Eh già perché cari lettori quando sei nei guai ci sei da solo e le corde che ti gettano per raggiungere la salvezza chissà perché sono corte e scivolose.

La storia non finisce qui. Non spegneremo la luce e seguiremo passo passo la torbida vicenda sperando di inchiodare al muro gli sciacalli e far tornare a casa il piccolo Adelio e non voglia Iddio che sia troppo tardi. Di questa questione si sta interessando  anche Annalisa Loconsole dell’associazione Penelope Puglia.

A proposito quand’è che si festeggia sant’Adelio?

Franco Marella





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