L’imprenditore di Brindisi Salvatore Cairo sarebbe stato ucciso a coltellate e il corpo sarebbe stato sezionato con una motosega a scoppio e bruciato. E’ quanto sostiene il sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, Milto Stefano De Nozza, nel decreto di fermo eseguito oggi dagli agenti della Squadra Mobile di Brindisi, nei confronti dei fratelli brindisini Cosimo ed Enrico Morleo, ristretti nel carcere della città capoluogo.
L’omicidio risale a maggio 2000, i resti non sono stati mai trovati.“Enrico Morleo, su mandato del fratello Cosimo Morleo, dapprima colpiva Cairo con un coltello” – si legge nel decreto di fermo di cui LaPresse ha preso visione – “all’interno di una ditta di fatto riconducibile a Cosimo Morleo e dopo aver indossato una tuta bianca e aver spostato il corpo di Cairo sezionava il cadavere occultava la testa in un sacco che veniva abbandonato e bruciava le restanti parti in un bidone in acciaio per poi lavare la scena e disperdere le ceneri”. Secondo il pm, l’omicidio è stato consumato con “modalità evocative della forza intimidatrice tipica dell’agire mafioso, tali, cioè, da richiamare alla mente dei cittadini il comportamento ritenuto proprio di chi appartenga ad un sodalizio del genere”.
Ci sarebbe stata “la volontà di fare di Salvatore Cairo un caso emblematico di lupara bianca” per “esprimere pubblicamente la punizione per l ‘ammanco causato e per la successiva disobbedienza alla famiglia Morleo” e questo allo scopo di “restaurare quella gerarchia e quei valori criminali calpestati per i quali la famiglia era nota e temuta dall’intera città di Brindisi”.