Assurdo, una vittoria per gli odiatori social: minacciare di morte il Presidente del Senato non è reato

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Gli odiatori social, un neologismo da web: coloro che per “lavoro” spruzzano fango e minacciano via web chi gli capita a tiro. La maggior parte degli odiatori è profumatamente pagato per fare questo tipo di “lavoro” oppure si tratta di imbecilli che non sanno cosa è il presente e cosa non è il futuro. E va bene teniamoci anche questi farabutti nella nostra buchellerata società , tanto un posto a tavola c’è sempre e per chiunque. E per farvi capire come sguazzano nei social questi campioni di odio vi annuncio, sentite sentite, la immorale iniziativa della Procura di Roma che ha chiesto e ottenuto l’archiviazione dell’inchiesta aperta nei confronti di due uomini – odiatori seriali – per i loro post pubblicati nel 2021 contro Elisabetta Alberti Casellati, messaggi tra l’altro chiari e privi di qualsivoglia “traduzione”: «ammazziamola», «voglio uccidere la Casellati» – per il GIP non si tratta di minacce reali, ma dell’espressione colorita di una rabbia politica nei confronti delle istituzioni.

Avete capito: adesso il codice penale prevede l’esimente di minacce colorite.

Ricorderete il periodo nero e funesto scatenato su Facebook e su Twitter, nel 2021, nei confronti dell’allora presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, attuale ministro per le riforme istituzionali nel Governo Meloni, era stata travolta da una campagna di odio violenta e di più, tormentata, per ogni sua presa di posizione.

La Casellati voglio ricordare è un magistrato serio e onesto e nulla c’entra la sua radice politica, lasciamo agli odiatori e ai politici di scarso valore concetti vacui e inesistenti. La ex Presidente del Senato, la seconda carica istituzionale della Repubblica Italiana, ha dovuto sporgere denuncia, quando il tenore dei messaggi era diventato allarmante: «Ammazziamo la Casellati», «voglio uccidere la Casellati», si leggeva in alcuni post. Per la Procura di Roma, e anche per il GIP, però, non si tratta di un reato: il pubblico ministero ha chiesto e ottenuto l’archiviazione dell’inchiesta aperta con l’ipotesi di minaccia aggravata. Il motivo? Non si tratterebbe di minacce reali, ma, piuttosto, dell’espressione colorita di una rabbia politica, nei confronti delle istituzioni. Una rabbia, peraltro, poco concreta, espressa tramite i social network e, quindi, a distanza. Da qui la decisione di procedere con l’archiviazione nei confronti dei due indagati, uno di 64 e uno di 44 anni. La conclusione dell’accusa, ancora una volta, è che si tratta di post ed esternazioni «di dubbia idoneità nell’ingenerare nell’alto rappresentante della Repubblica un serio turbamento dell’animo nel timore che i propositi omicidiari paventati nel web possano essere attuati».

Francamente dissento totalmente da questa posizione procedurale della magistratura romana e dunque, anche volendo condividere il presupposto giuridico avanzato dal pm Erminio Amelio, che è stata accolto dal GIP Paolo Scotto Di Luzio, che ha ritenuto «la motivazione pienamente condivisibile», non ne capisco il senso: ho c’è minaccia o non c’è! Che significa minaccia colorita per rabbia? Deduco quindi che se oggi un qualsiasi soggetto sano di mente si mette a minacciare di morte chicchessia la potrà fare franca perché la minaccia non è reale in quanto partorita dalla rabbia verso…

Non è tutto: secondo i magistrati, l’allora Presidente del Senato «verosimilmente, senza la collaborazione del suo staff intento a monitorare i social network, avrebbe anche potuto definitivamente ignorare simili espressioni ad essa dirette». Quindi non è l’odiatore a cui bisogna rivolgere le attenzioni della magistratura poiché era compito dello staff che avrebbe dovuto capire che la distanza e il tenore delle minacce potevano essere classificate come NON PERVENUTE.

Popolusticamente mi vien da dire: cari magistrati, a mio parere, i due indagati andavano puniti poiché è lecito protestare, anche vigorosamente, anche in modo colorito , ma senza minacciare di morte sennò diteci qual è il limite tra il mio diritto alla serenità e il tuo odio?

Franco Marella

 

 

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