Inflazione o salario minimo? Questo è il problema!

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Nello stesso giorno leggiamo i dati sull’inflazione che confermano per gli amanti delle statistiche che al Nord i prezzi corrono molto di più che al Sud (La Stampa 19 luglio pag. 9) e anche che le sinistre vogliono introdurre il salario minimo orario unico nazionale.
 Si sa che le statistiche sono una grossolana rappresentazione della realtà e quindi nei fatti è possibile che la città più virtuosa e che quindi registra aumenti dei prezzi minima in realtà sia molto più virtuosa di quanto non si dica specie nei suoi quartieri più periferici; così come la città più speculativa che è Genova abbia nei suoi quartieri più esclusivi incrementi anche maggiori dei prezzi. Però la concomitante evidenza di molti dati ci dice -anche se grossolanamente- che il Sud è molto più virtuoso del nord e molto più competitivo avendo i prezzi più bassi. Però si vorrebbe che il salario minimo nazionale sia unico!!!! Cioè si vuole che ad esempio un addetto alle vendite (una commessa) prenda minimo nove euro sia che vivi e lavori a via Montenapoleone (che è carissima come anche Genova e il resto del Nord), sia alla Garbatella (che come parte di Roma si barcamena a metà classifica) sia a Potenza che ha la crescita dei prezzi più bassa d’Italia. In teoria questa è una misura a favore delle commesse di Potenza ma in pratica è una misura a diretto danno delle imprese di Potenza (cioè di tutto il Sud Italia) che si trovano a pagare un salario imposto come fossimo in un regime comunista qualunque del secolo scorso pur in presenza di un livello dei prezzi più basso…quasi da terzo mondo. Nello stesso giorno a sostegno di questa bislacca tesi ci si accorge (Repubblica 19 luglio in prima e quarta o La Stampa 19 luglio pag 7) che un salariato su quattro del Sud prende meno di nove euro l’ora cosa che conferma come mai il livello dei prezzi al Sud sia più virtuoso che non al Nord; ma si vorrebbero appesantire le imprese gravandole di ulteriori costi artificiali addirittura imposti per legge!! La sinistra non è nuova nella asserzione di cose visibilmente contradittorie e suicide ma evidentemente confidano nella forza di persuasione del main stream per far sembrare ragionevole un suicidio. Ma perché vuole suicidare l’Italia oltre a se stessa rimane un mistero! Circa la questione inflazione è evidente che siamo fuori strada. L’idea della tecnostruttura di Francoforte operativa nella BCE di contrastare l’aumento dei prezzi aumentando il costo del danaro e cioè punendo il compratore con costi del danaro proibitivi, non produce che blocco dell’economia. Poi gli amanti della statistica si diletteranno nello scegliere il termine più adatto -recessione, stagnazione, stagflazione, e altri neologismi creati a bella posta- ma la sostanza rimane la stessa: le imprese non nascono più così numerose e quelle che esistono possono sopravvivere grazie ai propri patrimoni aziendali se vi sono. Cioè le produzioni non crescono come non crescono le imprese che offrono nuovi prodotti e quindi i prezzi dovranno necessariamente crescere. Un caso evidente di granchio che le autorità monetarie hanno preso. Quindi per sintesi: mentre il rincaro del costo del danaro è stato certamente cosa giusta per la speculazione finanziaria (che teneva su artificialmente i prezzi delle azioni, obbligazioni e materie prime come il petrolio e alcuni immobili) non è stata azzeccata per la economia reale che invece doveva essere incentivata ad accentuare la concorrenza e la offerta di beni e servizi realizzati a costi sempre più competitivi grazie a nuovi investimenti. Cosa accadrà? Che il libero evolversi delle grandezze economiche già fortemente influenzato perversamente dalle Autorità sovranazionali diverrà sempre più condizionato perché spontaneamente sarebbe destinato a rapida implosione. A farne le spese la gente comune sotto forma di rincari dei prezzi e tassazioni le più varie, misure sovietiche e condizionamenti creditizi e finanziari che danneggiano anche le stesse società che li caldeggiano. Contemporaneamente si chiede una misura obbligatoria di livellamento del salario orario minimo per sostenere le fasce più deboli della popolazione a tutto danno delle imprese che offrono beni e servizi; cosa che comporterà ulteriore aumento dei prezzi o chiusura di imprese. Infatti questa misura del salario orario unico nazionale che ci viene rappresentata come un aiuto per le fasce più deboli della popolazione non avviene a spese del welfare ma delle imprese private! introducendo una misura precisa del livello di salario minimo quale che sia la produttività del singolo addetto e quale che sia il livello di offerta di lavoro in quell’area! a ciò aggiungiamo la considerazione che tale livello minimo salariale dovrebbe applicarsi anche a persone recentemente approdate sulle nostre coste e quindi incapaci anche di intendere e far intendere il proprio idioma; che così rimarranno disoccupati o alla mercè di persone disposte a rischiare di essere tacciati di lavoro nero. Veramente un non-senso ad ogni piè sospinto. Un disastro economico e giuridico! Più del cattivo fa danni il cretino (antico adagio popolare)! CANIO TRIONE

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