Libertade contro Libertinaggio

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Sta nascendo, in questi giorni, il movimento di Meluzzi “Libertade”, il quale dichiara di non volersi candidare politicamente per non ingenerare dubbi sul suo disinteresse verso le profferte e i privilegi riservati ai politici.

Suona tardiva, pur se efficace, la sua conversione alla terzietà politica, dopo aver militato in più di un partito e averne cavalcato le vicende, da sinistra a destra degli schieramenti di fine secolo scorso.

Rispetto, ma non concordo pienamente con la suddetta visione ‘sacrificale’ sul fronte della rinuncia alla candidatura, per dimostrare di non avere mire personali.

Se facessimo tutti così, chi andrebbe alle istituzioni? Nessuno di rispettabile, ovviamente.

E, poi, tutti direbbero indiscriminatamente lo stesso di chiunque osasse avventurarsi al soglio istituzionale e, magari, pure di chi lo disdegna, per miope qualunquismo.

Paradossalmente, se tutti seguissero questa tesi opinabile, si lascerebbero vacanti le funzioni istituzionali, mandando nel caos l’amministrazione dello Stato in una condizione di pericoloso anarchismo.

Questa è la ‘dimostrazione per assurdo’ che quella tesi non è vera, in termini di applicabilità.

Sfatiamo il mito della fortuna politica degli eletti, a cui abbiamo finora assistito in un clima di becero partitismo. Non è quella la vera Politica, la Polis Etica.

Non è affatto vero che chi sarà eletto nel suffragio dovrà ricoprire il ruolo di ” Eletto”, ovvero di colui che mangia più degli altri e che ne trae benefici personali.

Chi ha dimostrato mai la validità teorica di tale formula, pur se maggioritaria nella pratica?

E’ vero. E’ sempre accaduto e sempre potrà accadere, ma ciò non dipende dalla carica politica ma dalla cedevolezza del deputato, del senatore o del ministro incaricato.

Si può essere al di sopra delle parti e di ogni sospetto, come farebbe un moderno ‘tribuno della plebe’.

Io, come molti, vorrei fortemente non essere costretto ad impegnarmi in uno scenario politico, aborrendone gli infingimenti.

Ma, se non lo facessero le persone oneste, troveremmo solo i disonesti nelle istituzioni.

E questo è insopportabile.

Dovremo trovare brave persone, prese dal popolo, che si candidino e che non ci rimettano troppe risorse economiche e fisiologiche nel lavorare alla Res pubblica.

Sappiamo che si tratta di un sacrificio che si traduce in un martirio.

Una persona proba, che sieda su quegli scranni, rischia la vita. Anzi, rischia la morte, nel senso che rischia anche di non essere ammazzato, laddove tale negazione rivesta l’ipotesi marginale rispetto a quella nefasta e prevalente.

Ma qualcuno deve pur fare il ‘salto della quaglia’ in Parlamento.

La popolazione non ha mai ottenuto risposte alle legittime domande rivolte ai politici.

Qualcuno di buona volontà deve iniziare a darne, informando la nazione su quello che vede stando lì dentro, dall’interno dell’inferno dorato, edulcorato dal mainstream che ne dissimula i tratti fiammeggianti.

Quindi, Meluzzi consenta di provarci a quella frangia di onesti visionari, fuori dal mondo. Per fortuna, qualcuno ancora ce n’è.

Se, poi, quelli non riusciranno a risolvere i tanti problemi per incompetenza o per contingenza, non sarà dovuto alla mancanza di onestà, se avranno avuto rispetto per sé stessi nel non vendersi all’offerente di turno.

Perpetrarne diversi, di questi tentativi, otterrà il merito di invertire il verso della spirale attuale in una direzione virtuosa sovvertendo il credo popolare per cui “fare politica equivale a rubare”.

Questa generazione intermedia di paladini, tra i corrotti precedenti e i futuri condottieri, si scuserà dei risultati mancati, ma si ritirerà con la coscienza pulita.

Lo comprendiamo, perché pure noi “teniamo famiglia” e siamo ben coscienti di detenere tale vulnus, come tutti.

Non dovranno mettere nei guai i loro parenti, pur rimanendo “non in vendita” anche sotto uno sporco ricatto.

Se, una volta eletti, doveste vederli presentare brutalmente delle dimissioni immotivate sappiate, fin da ora, che è dovuto unicamente al non accettare né il ricatto di gravi ritorsioni verso i propri cari, né quello di dover vendere la propria onorabilità e quella dell’istituzione rappresentata.

Lo immaginiamo già da ora quello che dovremo capire tra quelle due righe di rinuncia, qualificata come “irrevocabile”.

Se li minacceranno personalmente, invece continueranno imperterriti a lavorare, a rischio dell’incolumità, onorando il debito di riconoscenza verso l’esistenza in vita.

Dovrebbero farlo tutti coloro che si professano persone civili e non soltanto urbane.

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